PIACENZA (6 personaggi in cerca d’autore)

E’ vero. Lo so benissimo che a giugno avevo detto che per quest’anno avrei chiuso con le gran fondo, ma l’eccezionalità della situazione ha fatto si che anch’io fossi tra i circa 2000 partenti che si sono dati appuntamento alla Fiera di Piacenza per partecipare alla gran fondo Scott.
Qual è stato questo fatto particolare che mi ha fatto cambiare idea?
La possibilità di poter formare una squadra nella squadra; un team, cioè, che avrebbe partecipato ad una classifica a parte denominata Squadra simpatia.
Dovendo essa essere composta da 6 elementi, uno dei quali donna, ecco che dopo aver interpellato Nando e Monica ci schieriamo al via; gli altri tre compari sono Gianni, Giuseppe e Roberto.
Decidiamo subito la tattica da adottare per non sprecare energie, soprattutto i più deboli, e non disperderci nel caos dei primi chilometri.
Ecco lo start e noi puntualmente ci spostiamo sulla destra per non essere d’intralcio ai patiti dell’andatura a tutta sin dai primi metri. Una volta allungato il gruppo cerco la velocità di crociera che possa permettere a tutti e sei di non affannarci. Tutti e sei?
A dirla tutta alle mie spalle si forma subito un folto gruppo, credo almeno una cinquantina di persone, che si stanno facendo portare a spasso. Certo ogni tanto passano dei trenini indiavolati che dopo qualche chilometro perdono vagoni che finiscono inesorabilmente per ingrossare il nostro accelerato.
“Hello guys, take the train.”
“Thank you, mille grazie.”
Questo lo scambio di convenevoli quando raggiungo due canadesi, e così sarà per tutti coloro raggiunti dal nostro convoglio.
Nonostante la nostra non sembri un’andatura da forsennati, il paese di Niviano è raggiunto in breve tempo e con esso la prima salita di giornata: Cementirossi.

Non è niente di che, giusto 2/3 chilometri che valuto al 6-8%, ma se non si è ben allenati (ricordo che è la prima domenica di settembre perciò alcuni hanno ripreso da poco la bicicletta) si fà sentire. Monica deve rallentare, e così Gianni, mentre Roberto, che ha posto una telecamera sul manubrio, si diletta nell’andare avanti per poi filmarci.
La prima asperità finisce e da qui in poi, complice la bella giornata fin troppo calda per i miei gusti, il paesaggio ci aiuterà nell’ignorare le fatiche. Il problema maggiore, ora, è dato dal fondo stradale alquanto sconnesso (comunque le situazioni più pericolose sono ben segnalate; complimenti agli organizzatori) che obbliga ad un surplus di concentrazione e ad una velocità moderata. Dovendomi occupare dei meno abili, lascio che Giuseppe e Gianni si allontanino mentre con gli altri tre facciamo un punto della situazione una volta terminata la discesa e immessi sulla statale 45.
“Tutto a posto?”
E passo loro il sacchetto di frutta secca e uva sultanina che ho portato come ricarica energie.
“Si, si.”
E’ la risposta di tutti, ed il sorriso di Monica mi fa capire che ha recuperato dal primo sforzo. Ecco il ponte sul Trebbia e, poco dopo, Travo. Da qui parte la seconda (e per noi ultima) fatica. Prima di attaccare la salita ritroviamo i due fuggitivi che hanno approfittato del ristoro per aspettarci così affrontiamo in formazione compatta il Passo Caldarola.
Vista la lunghezza considerevole, più di 14 chilometri, cerchiamo il passo giusto per non affannarci ed ammirare la somiglianza con le Dolomiti di Pietra Perduca e Pietra Parcellara, la bellezza del Torrione di Bobbiano e tutto quanto ci sta attorno. Anche lungo questa ascesa il nostro foto cine reporter si dà da fare con la telecamera, favorito dalla bassa velocità di Monica (comunque coriacea, non la conoscevo sotto questo aspetto). Lungo il falsopiano al termine della salita, Gianni e Giuseppe ancora si avvantaggiano ma il secondo lo ritroviamo presto al fianco di suo fratello Giovanni appiedato da una foratura.
“Gianni ci aspetta al ristoro.”
Restano così Giuseppe e Roberto a far compagnia mentre con Nando e Monica raggiungiamo il ristoro. Purtroppo qui vediamo arrivare due dei tre compagni perché Giovanni è vittima di una seconda foratura (che sf…ortuna!) ed ha dato via libera agli altri per unirsi a noi. Aspettiamo qualche minuto sperando di vederlo arrivare ma, purtroppo, di lui nemmeno l’ombra (concluderà comunque la prova). Approfitto dell’attesa per far capire come vorrei affrontare la discesa per far si che tutti si possa venir giù in sicurezza; cosa che avviene.
Fine della discesa e immissione sulla provinciale 7. Grazie alla strada che punta ancora verso il basso faccio un’andatura che varia fra i 40 e i 45 chilometri orari e che si dimezza quando c’è qualche dosso da valicare.
Riecco il Trebbia quando mancano circa 15-20 chilometri al traguardo; sono sempre al comando con Giuseppe incollato alla mia scia, poi Nando, Monica, Gianni e Roberto… E una folta schiera di colleghi che trovano di loro gradimento i 35-37 chilometri orari che mi sono programmato ritenendoli il giusto passo per arrivare al traguardo; certo ogni tanto me li perdo, soprattutto quando devo affrontare curve a 90° per la poca abilità nella guida, ma poco importa basta rallentare un po’ e ci si ricompatta.
Ma non ti costa fatica continuare a rilanciare?
Bella domanda alla quale rispondo no. Quando sai con chi sei (perdonate il gioco di parole) non ci vuole molto ad adeguarti ed anche nelle curve sapevo cosa mi aspettava perciò… Perciò alla fine mi sono fatto una cronometro di 30 chilometri non solo recuperando colleghi sparpagliati lungo la strada, ma invitandoli ad unirsi a noi (cosa che ha alquanto stupito Giuseppe che, essendo subito dietro me in pianta stabile, si è goduto tutte queste scene).
Ecco l’ultimo chilometro. Siamo costretti a rallentare perché se vogliamo arrivare, come deciso, in parata, dobbiamo aspettare Roberto colto da crampi proprio ora.
Traguardo. La folla ci saluta ed io rispondo agli applausi indicando gli altri; passato il tappeto ci fermiamo e complimentiamo a vicenda lieti della nostra prova.
Permettetemi delle brevi considerazioni finali.
Volevo dimostrare, e penso di esserci pienamente riuscito, che uno più forte può usare la sua forza e la sua esperienza per aiutare compagni più deboli. Più deboli fisicamente, certo, ma forti dell’entusiasmo che solo un’esibizione di gruppo sa dare. Mi hanno nominato capitano, ma non mi sono sentito tale; piuttosto un gregario di lungo corso capace di regolarsi sulle esigenze degli altri.
“Ho superato il mio limite.”
Mi ha detto Monica dopo il traguardo. No, Monica, chi si è superato frenandosi (?) sono io che sono stato capace, e credetemi non ne ero certo al 100%, di stare con voi senza mai spazientirmi, anche perché non eravamo certo allenati per una simile esperienza, anzi, cogliendo le occasioni per buttare lì qualche battuta per rendere più sopportabile la salita.
Spero vivamente che in futuro potremo ripetere l’esibizione magari convincendo qualcun altro della nostra squadra che avrebbe bisogno di esperienze simili per rivedere certe convinzioni.
Grazie Nando, grazie Monica, grazie Giuseppe, grazie Gianni e grazie Roberto.

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