FIRENZE (Pedalata triste) 19/04/2015

E così, dopo più di sei mesi, rieccomi a cimentarmi con le gran fondo.
Città deputata per il battesimo 2015 il capoluogo toscano che accoglie l’arrivo, mio e di mia moglie, con una tipica giornata… Invernale!
Già, care amiche e cari amici, il clima sarà protagonista di questo fine settimana, e della manifestazione, portando la colonnina di mercurio anche sotto i 10° e con un vento che ha fatto sì che la temperatura percepita fosse anche inferiore.
“Ormai si è pagato, si parte.”
E’ il leit motiv che aleggia in squadra dove tutti o quasi siamo predisposti per gareggiare sul percorso lungo.
Ore 6.30: la sveglia suona.
Ho dormito poco e male tra il vento che fischiava a più non posso, il continuo viavai con annesse porte sbattute, il cambio di letto (un classico) e i postumi della cena come sempre poco consona per chi il giorno dopo deve affrontare una gara. Ma tant’è che prima delle 7 sono a far colazione; qui la sorpresa di Silvio alle prese con un principio di congestione.
“Parto lo stesso poi vedo.” Ci dice e così ci incamminiamo verso il Parco delle cascine, da dove la corsa prenderà il via, tra cartelli abbattuti e motorini sdraiati dal furore notturno di Eolo.
Puntuale alle 8.30 il via.
Ora sono previsti alcuni chilometri a velocità controllata che dovrebbe consentire ai quasi 3500 partecipanti di godere delle bellezze della città ma, ahimè, così proprio non è. Il passaggio sul lungarno lastricato e alcuni restringimenti non ammettono distrazioni perciò riesco a dare solo una fugace sbirciatina in prossimità di Ponte Vecchio dove riesco anche a scorgere, in lontananza, l’Abbazia di San Miniato; poco male, sarò qui anche il giorno dopo per fare il turista.

Passano circa dieci chilometri e si affronta la prima asperità: Fiesole. Sono poco più di quattro chilometri che servono per allungare il folto gruppo e permettere di farsi una cartolina panoramica della città sottostante.
Salgo bene, senza affanno, anche perché abbiamo stabilito che fuori dal paese ci saremo aspettati per andare tutti insieme (tranne i soliti noti). Mi faccio, così, superare da molti colleghi nella speranza di vedere maglie e facce amiche, ma nulla; continuo a farmi sfilare, al punto da stupirmi di quanti ne avevo dietro, ma dei compagni neanche l’ombra.
Decido di fermarmi per farmi raggiungere ed ecco Luciano e Erminio palesarsi; mentre il primo resta con me, il secondo prosegue (lo ritroveremo al ristoro del Mugello). In due andiamo con andatura modesta, chiacchierando, sembrando cicloturisti della domenica, nella speranza di essere ripresi da altri fino a quando decidiamo di prendere un passo più consono e portarci all’autodromo del Mugello. Qui si, ci ritroviamo e stabiliamo che per il forte vento ed il malato Silvio, faremo il corto; l’arrivo di Ivan, l’ultimo in quel momento dei nostri, mischia le carte e si cambia idea però, vedendo che con Silvio rimane solo Luciano, decido di restare con loro due.
“Ma se vuoi andare con loro vai pure.” Mi esorta Silvio.
“Scherzi, meglio essere in due se non dovessi star bene.” E’ la mia risposta e così partiamo nel toboga che è la stradina attorno all’autodromo e che ci fa uscire in direzione di Barberino.
Da qui in poi mi incarico di fare un’andatura costante per evitare a Silvio cambi di ritmo che potrebbero fargli male; grazie a questa velocità di crociera recuperiamo parecchi colleghi al punto che alle mie spalle si forma un gruppone di circa cinquanta unità.
Ci fosse qualcuno che viene a darmi una mano”, penso notando come stia portando a spasso tutti. Certo l’andatura fra i 35 ed i 38 chilometri orari fa comodo a tutti; peccato che costeggiando il lago di Bilancino il vento mi dia delle manate in faccia al punto da farmi fare più fatica in pianura che in salita. Tra gruppi di persone, che sostano sulle sponde di questo lago per una classica gita fuori porta, che osservano meravigliati il nostro passaggio, io continuo imperterrito con la sola preoccupazione che i miei due “pards” restino in scia osservandoli di tanto in tanto; anzi no, una seconda preoccupazione c’è ed è la mia schiena che inizia a dolermi; cerco di ignorarla osservando i prati ed i boschi di questo scorcio di Appennino, a me sconosciuto, e rivolgendo qualche volta un pensiero al “Grande vecchio” Alfredo Martini (Sesto fiorentino, dove ha vissuto, è vicinissima a Firenze) chiedendomi se sarebbe fiero del mio lavoro di gregariato attuale, fino a quando si presenta la salita de Le croci. Qui pago il conto della mia condotta da locomotiva umana, vengo staccato anche da Luciano e Silvio e sono costretto ad uno sforzo notevole per non perderli sull’ultimo tratto di falsopiano, passato il paese di Pratolino, che porta alla cima ed al cartello indicante dieci chilometri al traguardo.
Ora è tutta discesa e, come mio solito, mi incarico di disegnare le traiettorie anche se, a parer mio, non ce ne sarebbe bisogno visto l’ampiezza della sede stradale.
Fine discesa; sono solo. Ormai mancano tre chilometri alla fine, ma dove sono finiti gli altri due? La risposta la dà Silvio che arriva e mi dice che Luciano sta scendendo piano. Piano si ma, accidenti, ci toccherà fermarci prima dell’ultima curva e attenderlo.
Mi appoggio ad un muretto ed inganno il tempo chiacchierando con quattro colleghi del gruppo sportivo Esercito fino a quando il compagno arriva ed insieme affrontiamo gli ultimi 700 metri di via Salviati che conducono al traguardo. E’ durissima, via Salviati, sento un principio di crampi, nel frattempo; c’è chi sale a piedi, chi rischia di cadere perché va troppo piano e chi è già a terra con le gambe rese rigide dai crampi.
Ecco il traguardo, una stretta di mano sancisce i nostri complimenti reciproci e poi via all’albergo per evitare che il vento ci asciughi il sudore addosso.
Considerazione finale: mi è dispiaciuto non fare il percorso lungo anche se era un’incognita notevole, a causa della bronchite che mi ha colpito in settimana, ma sapere di essere stato d’aiuto ad un compagno fa passare tutto il resto in secondo piano; chissà se il grande Alfredo Martini avrà approvato…

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